Donne dello Yoga - Sri Anandamayi Ma

E se lo Yoga fosse stato raccontato dalle donne?

Tiziana Di Marco

10/31/20229 min leggere

Questa piccola rubrica nasce dalla voglia di celebrare le donne e dalla domanda "cosa ci sarebbe arrivato dello Yoga se fosse stato raccontato dalle Donne?"

Lo Yoga è sempre stato tramandato da Insegnante a discepolo, e solo poco è stato trascritto e lo yoga che conosciamo noi è uno yoga pensato dagli uomini per gli uomini, ma in qualche testo antico si parla delle Yogini, e della loro figura senza mai, però soffermarsi troppo.

Quindi provo a rispondermi raccontandovi storie di Donne Incredibili che meritano attenzione e stupore.

Con questo volto angelico e pieno di grazia vi presento Anandamayi Ma, la prima yogini bengalese di cui vorrei parlavi.

Nata con il nome di Nirmala Sundari Devi il 30 aprile 1896 a Kheora (in Bangladesh) ma conosciuta sopratutto con Anandamayi Ma che significa “Madre permeata di Beatitudine”.

La sua storia è una di quelle storie magiche e mistiche al sapore di India.

Nacque in una famiglia di bramini, molto umile e per niente benestante, devoti di Visnu e dediti alla devozione espressa in forma di canti, chiamati kirtan. La piccola Nirmala, una bambina allegra e felice, ha trascorso la sua infanzia in un piacevole villaggio di prevalenza musulmana. Era una delle preferite da tutti: pronta a prendere e trasportare e a rendere qualsiasi servizio di cui fosse capace a chiunque lo chiedesse. All'età di tredici anni è stata data in sposa al bramino Sri Ramani Mohan Chakravarty come era usanza, ma prima di vivere con lui visse per quattro anni con la famiglia del fratello maggiore del marito, dove cucinava, puliva, si occupava di tutte le faccende domestiche, come prendersi cura dei bambini e servire la cognata in ogni modo possibile. Malgrado il duro lavoro, si racconta che rimase sempre allegra, di buon umore e più che disposta a farsi carico dei fardelli degli altri. Niente era un lavoro ingrato per lei.

La convivenza effettiva con il marito che lei chiamava Bolanath (uno dei nomi di Shiva) iniziò soltanto nel 1914, tuttavia il matrimonio tra i due non fu mai consumato fisicamente; Bolanath non soltanto accettò la scelta di castità della giovane moglie, ma fu anche il primo a diventare suo discepolo nel momento della sua auto-iniziazione.

Nirmala, infatti, non ebbe alcun maestro ed iniziò a manifestare fin da giovanissima la sua particolare natura: era solita recitare numerosi mantra in sanscrito e praticare complicate asana yogiche per ore intere. All’età di 26 anni, dopo anni di meditazione quotidiana, si sentì chiamata a celebrare la propria iniziazione, seguendo i dettami della propria anima, fungendo al contempo da guru e da discepola.

Riferendosi a questo periodo della sua vita, Sri Ma ha detto: “Le sadhana mediante i quali l'uomo si sforza di raggiungere l'autorealizzazione sono di infinita varietà, e ogni varietà ha innumerevoli aspetti. Tutto ciò si è rivelato a me come parte di me stessa”.

Nel 1922 fece tre anni di silenzio che segnarono il compimento della sua sadhana (con questa parola ci si riferisce alla disciplina spirituale quotidiana, cioè il complesso delle pratiche e dei rituali che vengono tutti i giorni, con regolarità e concentrazione, al fine di elevare lo spirito a una coscienza e conoscenza superiore).

Una volta cessato il voto di silenzio, Nirmala iniziò i suoi lunghi digiuni, intanto cresceva sempre di più il numero dei fedeli e dei pellegrini che si recavano a farle visita e a renderle omaggio.

La sua prima apparizione pubblica fu nel 1925 in occasione della festa religiosa del Kali-puja, che Nirmala fu invitata a condurre. Nel corso della celebrazione, secondo la testimonianza di tutti presenti, i tratti della giovane si sarebbero trasformati fino ad assumere per un certo lasso di tempo le sembianze di Kali, la Dea nera del Bengala.

Durante i kirtan in molti hanno descritto come la giovane ragazza cadesse spesso in stati di profonda trance, e come solo Bolanath avesse il permesso di "risvegliarla" dalla meditazione profonda in cui entrava.

Lei e Bolanath iniziarono a pellegrinare in moltissimi luoghi per tanti anni, da Dhaka arrivarono a Vrindavana, poi a Rishikesh e Haridwar, perfino sull'Himalaya e alla città santa di Benares (Varanasi).

Quando si fermavano, si racconta che lei andasse spesso in giro da sola o sedesse circondata dalle donne del villaggio. Amava stare in mezzo alla gente, spesso chiedendo loro di cantare e danzare, in modo da esprimere il massimo livello di bellezza e amore da dedicare al Divino.

Nel 1936 ci fu l'incontro con Paramhansa Yogananda, che la ricorderà anche nel suo testo "Autobiografia di uno Yogi" e come lui in tanti vennero a conoscerla, nel 1942 Anandamayi Ma incontrò il Mahatma Gandhi, il cui stretto collaboratore, Sri Jamnalal Bajaj, divenne un fedele devoto.

Nel 1944 vi fu un incontro con Sri Prabhu Dattaji Maharaj, un importante guru che la presentò ai capi di diverse congregazioni monastiche che affermarono esplicitamente di riconoscere nelle sue parole la quintessenza delle sacre scritture.

Quando suo fratello e suo marito morirono a distanza di un anno l'uno dall'altro, in molti rimasero sorpresi della sua calma e serenità. E sempre di più i grandi insegnamenti di Ma Anandamayi venivano fuori e si mostravano al mondo.

"Cominci a piangere e piangere se una persona va in un'altra stanza della casa? Questa morte è inevitabilmente connessa con questa vita. Nella sfera dell'immortalità, dov'è la questione della morte e della perdita? Nessuno è perso per me”.

Per molti anni ha mangiato a giorni alterni. Quando si rimostrava Sri Ma diceva: "Non è affatto necessario mangiare per preservare il corpo. Mangio solo perché una parvenza di comportamento normale deve essere mantenuta in modo che tu non ti senta a disagio con me."

L'assunzione di cibo non era correlata a nessuna delle sue malattie. In realtà era in perfetta salute quando non mangiava niente. Le malattie andavano e venivano seguendo un ritmo proprio.

"Perché ti senti così ostile alle malattie? Vengono anche in questo corpo come fai tu quando vieni a trovarmi. Ti dico di andartene?"

Accogliendo le preghiere dei suoi compagni e devoti Sri Ma era stata vista molte volte, eseguire alcuni kriya yogici per sbarazzarsi dei suoi disturbi.

Ai suoi tempi incontrò quasi tutti i politici saliti al potere dopo l'Indipendenza, tra loro Indira Gandhi e Jawaharlal Nehru, e non hanno parlato di affari di stato con lei. Hanno parlato solo di Dio e delle aspirazioni religiose dell'uomo.

Alcuni devoti, lodando il suo messaggio onnicomprensivo, dicono che ha accolto tutte le fedi come vere vie verso Dio. Il fatto era che Sri Ma non vedeva differenze per lei, infatti, tutto era l'Uno.

Lo stesso si può dire del suo trattamento delle donne. Non ha riconosciuto inferiorità o superiorità. Ha "richiesto" la stessa alta qualità di ascetismo dai brahmachari così come dalle brahmacharini dell'Ashram. La purezza della parola, dell'azione e dei pensieri è sempre stato l'ideale, che ha indicato per tutti i viaggiatori sulla via della realizzazione di Dio.

Sri Ma non ha mai lasciato niente di scritto, né preparato un discorso pubblico, circondandosi di persone semplici e bambini, chiedendo loro di danzare, cantare, suonare e lasciare emergere la chiamata del Sé.

Anandamayi Ma non aveva un sentiero prestabilito né una dottrina rigida, come spesso si pensa quando si parla di figure/maestri spirituali, lei chiedeva solo che ogni azione, per essere definita tale, dovesse essere integralmente dedicata al divino, e in questo senso potremmo dire che portasse avanti gli insegnamenti del Bhakti Yoga.

Si potrebbero aggiungere ancora tantissime cose su quest'anima beata, sulla sua storia, sulla sua morte ma se siete arrivati fino a qui forse meriterebbe che ognuno la potesse scoprire da solo, attraverso i propri filtri.

Intanto vi lascio alcune delle sue citazioni perché ognuno di noi possa continuare a conoscerla attraverso le sue parole, e possano le sue parole aiutarci a togliere veli su veli, fino ad arrivare all'essenza.

Riflessioni sull'Hatha Yoga

“Quando l’abilità fisica che deriva dall’Hatha Yoga è usata per coadiuvare lo sforzo spirituale, non è sprecata; altrimenti non è Yoga, ma bhoga (godimen­to). Il sentiero per l’Infinito sta nell’essere senza sforzo. Fino a quando l’Hatha Yoga non mira all’Eterno, non è altro che ginnastica. Se nel corso normale della pratica non s’avverte il Suo contatto, lo Yoga è stato infruttuoso.”

“Quando fate asana e cose simili, se avete trovato accesso al ritmo della natura vedrete che ogni cosa procederà in maniera dolce e spontanea. Da quali segni potrete percepirlo? C’è una sensazione di gioco, una gioia profonda, e il ricordo costante dell’Uno. Sentirete che non è il prodotto della pratica delle cose del mondo. Quanto è stato detto è quello che può rivelarsi solo spontaneamente, da se stesso.”

“Di nuovo, chi è che mi guida dall’esterno? È sempre Lui, perché in verità non c’è nessun altro.”

“l’Infinito è contenuto nel finito e il finito nell’Infinito, il Tutto nella parte e la parte nel Tutto. È così quando si entra nella grande corrente. Chi ottiene e quello che si ottiene sono la stessa cosa. Non è solo questione d’immaginazione; Egli è percepito in forme sempre nuove attraverso canali sempre nuovi. Quando si entra in quella corrente ininterrotta, è semplicemente naturale che lo Yoga, l’intima unione dell’individuo con il Tutto, divenga Mahayoga”.

Sulla Meditazione e il Samadhi

“La conoscenza del Sé è una. Il procedere di passo in passo si riferisce allo stadio in cui si distolgono gli occhi dagli oggetti dei sensi e si rivolge lo sguardo all’interno, verso l’Eterno. Non si è ancora realizzato Dio, ma percorrere il sentiero spirituale è diventato fonte di gioia. Lungo questa linea ci sono dharana, dhyana e samadhi. Le esperienze in ciascuno di questi stadi sono infinite. Dove c’è la mente c’è esperienza. Le esperienze nei diversi stadi sono dovute alle varie forme di desiderio per la Conoscenza Suprema. La mente, che in precedenza era concentrata sulle cose materiali, e deducendo che non si potesse provare l’esistenza di Dio era pervenuta a negarLo, adesso si volge nella direzione opposta. Non è perciò naturale che la Luce appaia in essa in conformità allo stato raggiunto? Questi stati sono noti con vari nomi. Quando cessano le visioni che si hanno in meditazione? Quando il Sé si rivela (svayam prakasha).”

“Lasciare che il pensiero si soffermi sugli oggetti dei sensi è uno spreco d’energia. Quando la mente è così occupata e non osserva il silenzio, trova liberazione nel parlare. Osservare il silenzio in questi casi potrebbe sottoporre i sensi ad una tensione eccessiva e causare facilmente qualche malattia. Quando però la mente è rivolta all’interno non solo non c’è pericolo per la salute, ma – ancor più – soffermandosi costantemente sul pensiero di Dio si scioglieranno tutti i nodi (granthi) che costituiscono l’ego, e sarà realizzato ciò che dev’essere realizzato.

Osservare il silenzio significa mantenere la mente concentrata su di Lui; dapprima si sente l’impulso di parlare, ma poi svanisce ogni inclinazione o avversione. È come l’ape che accumula il miele: tutto quello di cui si ha bisogno viene raccolto naturalmente. Quando c’è un’unione sempre più intima con Lui, ciò che è necessario diventa automaticamente disponibile e, per così dire, si presenta da sé.”

Sull'Essere

"Chiedetevi 'Chi sono io?' e troverete la risposta. Guardate un albero: da un seme nasce un enorme albero; da esso provengono numerosi semi, ognuno dei quali a sua volta cresce in un albero. Non ci sono due frutti uguali. Eppure è una vita che pulsa in ogni particella dell'albero. Quindi, è lo stesso Atman ovunque. Tutta la creazione è questo: c'è bellezza negli uccelli e negli animali. Anche loro mangiano e bevono come noi, si accoppiano e si moltiplicano; ma c'è questa differenza: noi possiamo realizzare la nostra vera natura, l'Atman. Essendo nati come esseri umani, non dobbiamo sprecare questa opportunità. Almeno per pochi secondi ogni giorno, dobbiamo chiederci chi siamo. È inutile prendere un biglietto di ritorno più e più volte. Dalla nascita alla morte e dalla morte alla nascita è il samsara. Ma davvero non abbiamo nascita e morte. Dobbiamo rendercene conto.“

"Padre, c'è poco da dire." Ha allargato le sue mani aggraziate in un gesto di biasimo. "La mia coscienza non si è mai associata a questo corpo temporaneo." Prima di venire su questa terra, Padre, "ero la stessa". Da bambina, "ero la stessa". Sono diventato donna, ma ancora "ero la stessa". Quando la famiglia in cui sono nata ha preso accordi per far sposare questo corpo, 'Io ero la stessa ... E, Padre, di fronte a te ora,' Io sono la stessa. ' Anche in seguito, sebbene la danza della creazione cambi attorno a me nella sala dell'eternità, "sarò la stessa."